1° recensione Alexander

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  1. antoniobis
     
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    ALEXANDER
    di Alessandro Izzi
    Il peggior danno subìto al botteghino da Alexander è arrivato, paradossalmente, proprio da quelle case di distribuzione (americane quanto europee) che con troppa insistenza hanno tentato di lanciare la pellicola come un possibile erede (almeno per quel che concerne gli incassi) del Signore degli anelli.
    Del resto la prospettiva epica del racconto, la vocazione all’affresco composto in larghe campate, la cura per il dettaglio storico, nonché l’impatto visuale delle scene di battaglia, davano agio a chiunque di parlare, sulla carta e nel terreno franco e fraintendibile dei trailer, di un possibile kolossal d’autore capace di soddisfare i gusti di un pubblico sempre più bisognoso di opere di forte impatto spettacolare senza abdicare alle ragioni dell’intelligenza.
    Alexander, però, non è assolutamente un nuovo Signore degli anelli e, al tempo stesso, non è neanche un anti Signore degli anelli sicchè tutte le possibili discussioni sorte intorno al film che, soprattutto in campo americano, sono segno di una strategia prevalentemente distributiva, sono rimaste al di fuori del film stesso: discussioni accademiche su un film che avrebbe potuto essere e non sul film stesso.
    Giunta in Europa la pellicola ha seguìto un percorso di promozione inverso. Giocando sul diffuso sentimento di anti americanismo che si respira a più livelli anche qui in Italia, i distributori hanno pensato bene di giocare la carta della “pellicola non compresa” cominciando a spacciarci l’immagine di un’opera contro tendenza tiepidamente accolta in patria per via dell’omosessualità troppo esibita per non dispiacere ai nuovi ultra cattolici americani.
    La critica italiana sembra essere caduta nel pieno dell’equivoco delle aspettative andando a colpire certo bersagli condivisibili (il film è troppo lungo, troppo accademico, sostanzialmente freddo), ma arenandosi su discorsi spesso sdrucciolevoli come l’ormai annosa polemica del parrucchino biondo di Colin Farrell (troppo irlandese per passare per greco a detta di taluni) o come l’eccessiva pomposità delle musiche di Vangelis (troppo greco per passare per compositore a detta di altri).
    Persi dietro a valutazioni più affini al gossip che alla critica specialistica non ci si è accorti che il vero film restava indietro e che nessun serio tentativo era stato compiuto per comprendere una pellicola troppo interessata al realismo storico e alla documentazione mirata per accettare di essere letta come kolossal (di qui gli inviti fatti a Stone di ripassare i vecchi peplum italiani si fa palesemente ridicola) e troppo incline a cercare agganci con il mondo contemporaneo per accettare di essere interpretata come un semplice documentario fittizio come quelli che ci propinano a Super Quark.
    Alexander richiede, insomma, a gran voce nuove categorie estetiche per essere giudicato perché è un’opera, come sempre in Stone, che sfida le convenzioni del genere, che rischia la forzatura e l’abbattimento delle logiche dei generi cinematografici da cui finge di attingere e che ridisegna costantemente le coordinate dei principi su cui fonda la sua stessa composizione. A dirla tutta, si tratta di un film quasi sperimentale che rischia grosso sul terreno della vendibilità ma proprio per questo, pur difettando in tantissime cose, non manca certo di coraggio e di sana spavalderia come il suo folle protagonista efficacemente tratteggiato da Farrell tra nevrosi e utopia.
    Una figura che va a colpire forse anche involontariamente (ed è qui che riposa tutta la sua carica eversiva) una sfera politica aperta, dal momento che ci presenta un condottiero che, nel suo porsi sempre in discussione con se stesso e con le proprie (in)certezze, nella sua capacità di provare sgomento e disorientamento nei confronti delle culture “altre” con cui viene a contatto e nella sua voglia di imparare sempre e comunque anche mentre va fondando un impero che non ha avuto eguali è davvero l’esatto contrario di un Bush capace solo di rivendicare la propria ignoranza proprio nel momento in cui prende possesso di un regno immenso, ma costruito da altri. E anche, perché no, per la sua sana bisessualità (troppo esibita a detta di taluni), che è prima di tutto una verità storica espressione di una società capace davvero di considerarla, non una perversione o una patologia, ma una norma naturale (con buona pace di Adler e di tutti i suoi seguaci).

    [gennaio 2005]


     
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  2. Fanta7
     
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    come mi piacciono le recensioni scritte così.. grazie anto.. poi mi spieghi dove le trovi
     
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  3. antoniobis
     
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  4. Fanta7
     
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    che significa quel sorriaso? che è un segreto?
     
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  5. -silvi@-
     
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    Titolo originale: Alexander
    Regia: Oliver Stone
    Cast: Oliver Stone
    Con: Colin Farrell, Angelina Jolie, Anthony Hopkins, Val Kilmer
    Nazione:USA
    Durata:173'


    “Troy o Il Gladiatore? Bei film ma per favore non parlatemi di storia!” così ha dichiarato alla stampa il regista Oliver Stone sottolineando in tal modo come la sua epopea “Alexander” nulla abbia a che fare con i blockbuster hollywoodiani di queste ultime stagioni che si sono gettati a capofitto sul filone epico/storico con la consueta dose di approssimazione, superficialità e spettacolarizzazione.

    L’onesto tentativo del regista di film come “Platoon”, “Nato il 4 Luglio”, “JFK” è invece quello di raccontare - con il suo ben conosciuto stile nervoso, mano adrenalinica, montaggio sincopato e gusto per una narrazione tesa ed incalzante – la “vera” storia del conquistatore più famoso della storia Alessandro il Grande, un uomo che a 25 anni si era impadronito del 90% del mondo allora conosciuto, guidando in assedi e battaglie le invincibili armate di greci e macedoni per 22.000 miglia: quando morì a 32 anni Alessandro il visionario – genio militare che non venne mai sconfitto in battaglia - aveva costituito un impero mai visto sino ad allora.

    Il risultato? Un film epico forse esageratamente lungo - le sue due ore e 53 minuti a volte si seguono con momenti di stanca - e ridondante (un senso di pesantezza e di mano calcata aleggia per tutta l’opera) ma coraggioso nel raccontare le contraddizioni, ambiguità e spigolosità di un uomo divorato dal desiderio di gloria ed avventura che da reale esploratore si spinse verso l’ignoto di terre sconosciute ed esperienze umane personali con indomito ardore e spavalderia.
    E se – com’è nella “natura di questo regista meticoloso e perfezionista – la confezione tecnica è delle più pregiate ed impeccabili lascia invece perplessi la scelta di un cast d’attori in fragile equilibrio tra senso del ridicolo ed immedesimazioni convincenti: Colin Farrell è un Alessandro a tratti appassionante altre macchiettistico; Angelina Jolie è la madre Olimpia di difficile aderenza fisica ma con alcuni momenti di grande impatto emotivo; Val Kilmer è un padre – re Filippo – monoespressivo e poco carismatico ed Anthony Hopkins - il fidato generale e confidente Tolomeo – è stanco e di maniera.
    Ma questo non impedisce ad “Alexander” di illuminarsi a tratti di un senso epico, visionario e maestoso facendone un vivido esempio di un cinema biopic capace di farci percepire la grandezza, la luce e l’oscurità di personaggi che, come Alessandro, ci rammentano l’eterna forza e fragilità della natura umana.
     
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64 replies since 18/11/2004, 20:26   2017 views
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